Nata dal
disegno dell'architetto vicentino Antonio Caregaro Negrin, datato 27
agosto 1878, la statua del pittore di Castelfranco venne scolpita dallo
scultore veneziano Augusto Benvenuti nel 1878.
Venne collocata sullo scoglio artificiale eretto al centro del fossato,
al suo angolo di nord-est.
Il lavoro fu commissionato dal comune di Castelfranco in occasione del
quarto centenario della nascita del pittore (1878) e venne inaugurato la
mattina di sabato 5 ottobre dello stesso anno.
LA VITA.
Giorgio Barbarelli da Castelfranco detto Giorgione (Castelfranco Veneto,
1477/1478 - Venezia, 1510) fu probabilmente allievo di Giovanni Bellini
e studiò le opere di Antonio da Messina; importante nella sua formazione
artistica fu il contatto con Leonardo da Vinci, quando il fiorentino
soggiornò a Venezia nel 1500. Pochissime sono le notizie certe intorno
alla vita e alle opere. Quando egli morì di peste, a trentatré anni, la
sua fama era altissima e la sua arte, fiorita per poco più di un
decennio, aveva mutato il corso della pittura veneziana.
Fonte preziosa di informazioni è un libretto scritto da Marcantonio
Michiel tra il 1525 e il 1543, ma pubblicato per la prima volta
dall'abate Morelli, a Bassano, nell'anno 1800. Gli scrittori d'arte del
Seicento ,fondandosi sulle notizie fornite dal Vasari, crearono un
cumulo di informazioni incerte e inesatte sulla vita e sulle opere del
pittore.
La ricostruzione artistica del maestro di Castelfranco è merito della
critica più recente. Educato da Giovanni Bellini, ma attento alle
lezioni del Carpaccio, di Alvise Vivarini e del Catena, Giorgione
conobbe il classicismo del Francia e del Costa e si nutrì del pensiero
dei filosofi aristotelici e dei filosofi della natura dell'università di
Padova.
Egli lavora spesso per privati, nei cui palazzi vengono conservati i
quadri. I soggetti sono quindi prevalentemente profani e per conseguenza
difficilmente interpretabili. I temi dei quadri sacri sono quasi sempre
gli stessi ed hanno un'iconografia voluta dalla Chiesa. Nel quadro
profano, invece, il pittore inventa il tema attribuendogli significati
che, noti probabilmente ai contemporanei, ci sfuggono spesso.
Fra le opere giovanili di sicura attribuzione sono la Giuditta
(Leningrado, Ermitage), pura reincarnazione dell'ideale ellenico della
bellezza, e l'Adorazione dei pastori già Allendale (Washington,National
Gallery of Art), con lo stupendo paesaggio;senza precedenti nella
pittura europea è l'interpretazione della luce.
Primo capolavoro di Giorgione è la Pala di Castelfranco (Castelfranco
Veneto, San Liberale), dipinta intorno al 1505: le figure della Madonna
e dei santi, concepite in un contorno chiuso delicatamente sfumato, si
muovono dallo sfondo di un vasto paesaggio lacustre. Nella successiva
tela de I tre filosofi (Vienna, Kunsthistorisches Museum), il colore
assunse un'importanza decisiva nell'esprimere il suo mondo. In esso,
manca un vero soggetto, anche se le tre figure possono ricollegarsi alle
tre tendenze filosofiche che allora si contrapponevano a Padova:
l'aristotelismo medievale (il vecchio incappucciato), l'averroismo
(l'orientale), la filosofia della natura (il giovane, da taluni
identificato con Copernico).
Il quadro svela le qualità stilistiche del linguaggio giorgionesco nella
levità del tocco, dell'impasto liquido, senza contorno. Di certa
attribuzione al pittore è La tempesta (Venezia, Gallerie
dell'Accademia), geniale fusione tra le immagini della fantasia
dell'artista e il paesaggio che ne riecheggia i sentimenti. E' questa
l'opera più prodigiosa soprattutto per l'intensità di accordi dei
colori.
Successivamente fino al 1508 Giorgione portò a termine gli affreschi
della facciata Principale del Fondaco dei Tedeschi (superstite è solo il
frammento di un gran nudo femminile, staccato dal muro nel 1937 e
portato nelle Gallerie dell'Accademia). La fase estrema della sua
attività è densa di problemi: infatti è stata ipotizzata una
collaborazione Giorgione-Tiziano giovane in due opere, tra le più
affascinanti della pittura veneziana, la Venere dormiente (Dresda,
Pinacoteca) e il Concerto campestre (Parigi, Louvre), alternativamente
assegnate dagli storici ai due maestri, ma nate, comunque, in clima
giorgionesco, con una profonda aderenza allo spirito e ai modi di
Giorgione.
La sua attività pittorica si colloca in un ambiente particolare: il
maestro trascorre la sua vita artistica a Venezia, città dalle
particolari caratteristiche.
Qui,infatti,contrariamente al pensiero artistico fiorentino (il dominio
sulle cose è raggiunto imponendo alla realtà la legge prospettica), si
preferisce studiare la natura e stabilire un rapporto egualitario fra
essa e l'uomo; inoltre nella laguna predomina il colore, a Firenze la
linea; Firenze tende all'idealismo per gli studi neoplatonici, mentre
Venezia è più portata alla conoscenza della realtà per l'insegnamento
aristotelico dell'università di Padova (non bisogna però dimenticare che
spesso nella cultura rinascimentale platonismo e aristotelismo si
confondono e si fondono tra loro).
L'amore per la natura e la convivenza in essa di tutti gli oggetti
coordinati reciprocamente dall'intonazione dei diversi colori sono il
punto di partenza dell'attività artistica di Giorgione, che poi egli
svilupperà fino a diventare il più alto interprete della pittura fondata
sull'uso del colore intriso di luce, senza l'aiuto del disegno (tecnica
che sarà utilizzata per tutto il Cinquecento da numerosi artisti veneti,
tra i quali Sebastiano del Piombo, Palma il Vecchio, Tiziano e l'ormai
anziano maestro Giovanni Bellini).
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